Proviamo a schedulare ogni attimo della nostra esistenza. Nell'impresa
è spesso consuetudine calcolare tutte le variabili di un progetto più volte e produrre
fantastici grafici e diagrammi rappresentativi di ferme previsioni. Creiamo
rigide convinzioni sulle nostre esperienze aspettandoci che la realtà
ciclicamente si comporti in maniera uniforme.
Ma la natura ha disposto una condizione secondo la quale, per quanto ad ogni giorno possa seguirne un altro, il primo non sarà mai uguale al secondo.
Pensiamo anche solo alla luce di un giorno che non sarà la stessa e per lo stesso tempo dell’altro. Mai.
L’imponderabilità è una faccenda con la quale tutti prima o
poi dobbiamo fare i conti. L’imprevisto coglie chiunque, senza preavviso. Ed il
più delle volte accade quando i piani sembrano destinati a procedere proprio
come li avevamo pensati, preparati, studiati, analizzati. Laddove abbiamo
ridotto ogni margine d’errore, il fallo è pronto a manifestarsi. Può accadere. E’
la fallibilità del “secondo me è impossibile”.
Possiamo comunque provare ad accogliere “l’inaspettato” come un ospite di quelli non preannunciati da far accomodare ugualmente in salotto: osservarlo e
comprenderne l’eventuale natura, ed all'occorrenza giovarne per qualche aspetto.
L’imprevisto come novità, come processo di crescita, di apprendimento, di
curiosità. Se non in qualcosa forse in noi stessi, l’occasione di provarci su
un nuovo terreno, sotto una nuova luce, in una nuova dimensione.
L’alternativa è precluderci tutto e fuggire tra gli alibi e
le scomode barricate delle nostre convinzioni. Ma la fuga dall'imponderabile è
la fuga quindi dalla vita; chiudere gli occhi di fronte alla straordinaria bellezza
delle diverse sfumature tra gli istanti.
“La vita è sempre trionfo dell’improbabile e miracolo
dell’imprevisto” H. De Lubac
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