lunedì 1 giugno 2020

Inganno


 “Vediamo il mondo in maniera errata e diciamo che esso ci inganna.” - Rabindranath Tagore

Molto spesso diamo alle cose un significato: il nostro. Disegniamo una immagine e la incolliamo a ciò che ci circonda. Pensiamo e ci convinciamo a tal punto da farlo diventare realtà. Il processo però poi si esaspera fino a completamente dimenticare e non considerare che tutto è frutto della nostra cognizione. Formiamo giudizi e viviamo emozioni sul contingente da noi instaurato. Poi quando malauguratamente si rivela diverso dalla nostra congettura viviamo la frustrazione dell’inganno. La delusione cocente di una realtà che non rispetta quelle prerogative che noi gli abbiamo imposto. E questo avviene in diverse forme e dimensioni. Avviene nelle aspettative che riponiamo nelle cose e nelle relazioni. Ma la domanda che dobbiamo porci è: la mia visione è corretta? Ho dato alla cosa il suo significato oppure le ho dato il mio? Posso davvero sentirmi offeso da qualcosa o qualcuno che io pensavo essere diversa/o? Possiamo consapevolmente dare una responsabilità a quel “pesce che non sa arrampicarsi sugli alberi”?

Ogni giorno viviamo stati psicofisici condizionati dalle nostre congetture. Accettare l’inganno significa accettare la vita, accettazione consapevole dell’imponderabile evento quotidiano. Un esercizio utile a  diminuire responsabilmente le angosce è l’apertura: allenarsi ad abbandonare la soggettività e cambiare le prospettive in visioni agili. Levare le ancore del preconcetto irremovibile, del punto fermo, della verità assoluta. L’apertura riconosce la mutevolezza della realtà, delle relazioni, del flusso vitale.
Apertura alla conoscenza, alla curiosità della “menzogna” come strumento di formazione e crescita, apertura come disinnesco dell’inganno, apertura senza giudizio ma bensì come rivelazione.

Inganno è dare un senso alle cose, verità è scoprirne il loro senso.


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